Il 26 novembre Conviviale del Panathlon Club Milano, dedicata al fumetto e lo sport. È stato presentato il libro "Non sono stato io", scritto da Gianni Bono e Raffaele Mangano. Il volume racconta il mistero nato attorno ad Angelo Zarcone, il primo illustratore di Diabolik, noto come "il Tedesco". Zarcone realizzò il volto iconico del Re del Terrore per poi sparire improvvisamente, lasciando un enigma irrisolto che dura da oltre sessant’anni.
Alla serata, introdotta dal presidente del Panathlon Club Milano, Simonpaolo Buongiardino, erano presenti Raffaele Mangano, coautore del libro, e Mario Gomboli, amministratore delegato di Astorina e figura chiave nella lunga storia editoriale di Diabolik. Durante l’evento, Buongiardino ha ricordato il legame personale che univa lui, Mangano e Gomboli, compagni di scuola al Liceo Scientifico Volta di Milano.
Mario Gomboli ha ripercorso la sua lunga collaborazione con Diabolik, a cui tornò nel 1999 con un ruolo di leadership come sceneggiatore e poi amministratore delegato di Astorina. Gomboli ha firmato circa un terzo delle oltre 960 storie pubblicate, rappresentando la continuità, fedele alla visione originale delle sorelle Angela e Luciana Giussani. Ha sottolineato l’importanza del lavoro delle Giussani, che con Diabolik non solo introdussero un genere nuovo, ma segnarono profondamente l’immaginario collettivo, raggiungendo tirature di 300.000 copie.
Mangano ha approfondito l'idea del libro «Non sono stato io», esplorando le ipotesi e le ricerche che circondano la misteriosa figura di Angelo Zarcone. Il volume, arricchito dalla copertina di Guido Scarabottolo, rappresenta un tributo alla storia e ai personaggi che hanno contribuito al successo di Diabolik. Il libro riaccenda l’interesse per questa figura enigmatica, (tanto che sono usciti nuove indiscrezioni) il cui contributo iniziale ha dato vita a un personaggio diventato un’icona senza tempo.
(Il presidente Buongiardino si è presentato con gli occhi di Diabolik e queste parole accattivanti di Gomboli)
«Ricordo quando, usciti di teatro dopo aver assistito a uno spettacolo di magia, puntualmente Alfredo Castelli mi spiegava i trucchi dell’illusionista. E io ci rimanevo male, perché un mistero svelato comporta sempre una dose di amarezza.
Per questo quando Gianni Bono mi chiamò per dire di aver rintracciato Angelo Zarcone, onestamente sperai si trattasse del solito equivoco, dell’ennesimo caso di omonimia. Invece era davvero arrivato alla fine della sua pluridecennale ricerca: aveva accumulato prove inconfutabili supportate da inediti documenti ed era pronto a pubblicare in un documentatissimo saggio. A quel punto scattò in me la “sindrome da segreto svelato” di cui sopra: volevo davvero conoscere la verità sul disegnatore del primo numero di Diabolik? E lettori e fan del Re del Terrore avrebbero tratto soddisfazione o amarezza da quell’esauritivo saggio? Già immaginavo un titolo come La vera vita di Angelo Zarcone, equivalente de L’assassino è il maggiordomo per un romanzo giallo. Ma, leggendo le note di Gianni Bono, mi resi conto che la vita di Zarcone fosse davvero un romanzo, ne aveva il fascino, e allora si poteva usare quella formula per raccontarla. Ho la fortuna di avere per amico Raffaele Mangano, romanziere di lungo corso ma, soprattutto, persona curiosa di tutto ciò che è culturalmente anomalo. E il mondo del fumetto entra a buon diritto nella categoria. Così ho invitato a pranzo Bono e Mangano, ho fatto da catalizzatore perché le loro capacità si fondessero in un’opera ben equilibrata e poi mi sono chiamato fuori, per non disturbare il processo creativo.
Mi sento comunque in parte responsabile del risultato: a renderlo possibile sono stato io». Mario Gomboli - Direttore editoriale Astorina